Nella scena finale di “Natale in casa cupiello”, Eduardo lascia che il figlio possa rispondere sì alla domanda del padre moribondo. Oggi, però, a questa domanda si può solo rispondere No. Non piace questo presepe Italia e, soprattutto, questo presepe Napoli. Non piace agli studenti verso cui si stanno riversando i vomiti fascisti di gente che trent’anni fa picchiava e aggrediva alle spalle nelle piazze italiane. Non piace agli operai cassaintegrati, specie se sotto la grotta oggi ci deve stare il miliardario Marchionne (forse meglio dirla alla Giggino: Melchiorre). Non piace alle decine di migliaia di giovani disoccupati e precari costretti a emigrare al nord o in altri paesi di Europa. Non piace agli immigrati, costretti a subire leggi xenofobe. Non piace a tutti quei comitati e movimenti che difendono la propria terra dai disastri ambientali e dal veleno mafioso della munnezza. Non piace alle decine di migliaia di operatori sociali che in tutto il Paese garantiscono la cura e l’assistenza dei più deboli fra i deboli e stanno subendo il più grande attacco alle politiche sociali. Non piace a quegli stessi operatori sociali in lotta a Napoli che stanno occupando l’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi e che sono in sciopero della fame e gridano il pericolo che si ritorni ai manicomi e che si cancelli la civiltà della Legge Basaglia. Non piace al Coordinamento giornalisti precari campani e a tutti i giornalisti precari che difendono la propria dignità, il diritto alla libera informazione e combattono il primo bavaglio: la precarietà.
Se il calcio, oltre a fugaci evasioni dalla quotidianità, può servire come metafora, ebbene basta afferrare il messaggio che la squadra del Napoli sta inviando alla sua città e a tutto il Paese: la partita è finita, ma ci sono ancora i minuti di recupero e si può ancora vincere.
Buon Natale
Per me che vivo nel centro nord dopo aver vissuto a lungo nel triangolo industriale sei (soprattutto la realtà che descrivi!) una bella scoperta!
grazie Cesare