Ci vorranno ancora mesi di trattative. Poi nel nostro Paese arriverà un fiume di soldi. Con il Recovery Fund sono 172 miliardi stanziati dall’Unione Europea per l’emergenza Covid-19 in Italia, la metà sono a fondo perduto mentre 91 in prestito. Per l’Italia arriveranno 81 miliardi da poter spendere in questa crisi senza precedenti.
La metà degli italiani ha difficoltà a pagare il fitto di casa e la rata del mutuo. Secondo le previsioni più rosee entro il 2020 si perderanno 500mila posti di lavoro, secondo Confindustria 1 milione di persone perderanno l’occupazione. Intanto i ritardi su misure tampone come cassa integrazione e bonus hanno acuito la sofferenza sociale di famiglie monoreddito, partite Iva, pensionati con figli a carico, lavoratori dipendenti e persone con lavori informali o a nero.
Negli ultimi due mesi, dal 3 marzo al 5 maggio, la porta dell’Help center di Roma Termini si è aperta quasi 1300 volte: ad entrare per chiedere aiuto non solo persone senza dimora, ma anche operai rimasti senza lavoro, famiglie in cerca di cibo e vestiti.
Le piazze si riempiono di proteste di diversi settori come i lavoratori dello spettacolo, dei disoccupati e l’estrema destra che soffia sul fuoco delle tensioni sociali. È di oggi la notizia di un cameriere che si è tolto la vita dopo aver ricevuto la notizia dei tagli al personale nell’albergo dove lavorava. Si sta abbattendo una crisi che al confronto quella del 2008 è una passeggiata.
Che fare?
Serve un Piano che dirotti almeno 40 miliardi del Recovery Fund alle fasce povere e alla detassazione del costo del lavoro, tenendo conto dei maggiori indici di fragilità sociale nel Mezzogiorno. Bisogna rafforzare un reddito di cittadinanza e dare respiro ai redditi da lavoro e da pensione oltre a quelli delle piccole imprese, dell’artigianato, del commercio e del terzo settore.
Banche e associazioni di impresa chiedono che nell’attesa il Governo presenti un pacchetto di riforme per rilanciare la domanda: “utilizzare fin da subito tutte le risorse e gli strumenti che l’Europa ha già messo a disposizione, a partire dai fondi per sostenere i costi diretti e indiretti dell’emergenza sanitaria”.
Ora il Governo deve decidere qual è la politica economica da attuare. Se vuole continuare il dettato liberista del “dare i soldi ai poveri è assistenzialismo, darli alle imprese è sviluppo” oppure cambiare del tutto gli interessi in gioco. Ci sono le mafie che stanno operando un’offensiva di infiltrazione nell’economia “legale” attraverso i propri capitali per rilevare aziende in crisi.
C’è da mettere in campo un intervento pubblico che rimetta al centro la sanità pubblica, scuola e università, il welfare e i servizi pubblici come il trasporto. Ci sono 172 miliardi pronti per il Paese: è un’occasione per salvarci dal disastro. E per farlo sarà necessario un vasto movimento popolare che rivendichi il diritto al futuro.