Giuseppe Manzo – “Nel biennio 2019-2020 l’azienda ha investito circa 160 milioni di euro. Si conferma l’impegno negli stabilimenti in Italia e si prevede una crescita in particolare a Siena”. Lo ha detto ieri Luigi La Morgia, al tavolo sul futuro di Whirlpool al Mise. L’azienda farà richiesta da gennaio fino a marzo di cassa integrazione per i lavoratori di Napoli.
La tranquilla arroganza dell’azienda al tavolo non ha conosciuto alcun ostacolo. È quanto dichiarano gli stessi rappresentanti sindacali che vedono il governo completamente supino e impotente. I 5mila dipendenti degli altri siti diventano quasi una sorta di minaccia a fronte dei 350 esuberi di via Argine nonostante il gruppo veda segnali di crescita.
“Non abbiamo nessuna intenzione di riaprire produzioni di lavatrici e Napoli, da aprile avvieremo le procedure di licenziamento collettivo”, rincara la dose La Morgia.
Del governo non c’è traccia. E i sindacati? Per la Fiom “il tema è convincere Whirlpool a riprendere la produzione di lavatrici a Napoli. Noi abbiamo solo uno strumento che e’ la lotta sindacale, continueremo a lottare. Ci sarà una contrapposizione frontale da parte dei lavoratori di Napoli e di tutto il coordinamento di Whirlpool in Italia in difesa della dignità del lavoro”.
La Fim chiede “a governo e azienda che Whirlpool si faccia carico fino al 31 marzo degli stipendi dei lavoratori. Oggi è il 21 dicembre, mancano 5 giorni lavorativi al 31 dicembre. Ci aspettavamo a questo punto non ipotesi ma risposte e assunzioni di responsabilità. Il governo aveva detto dopo il 30 ottobre che i lavoratori di Napoli non sarebbero stati lasciati soli ma la sensazione è che questi 50 giorni siano stati sprecati senza trovare soluzioni”. Per la Uilm con Accurso “la protesta continuerà in modo creativo”.
Eppure la rabbia è tanta. Ci sono arroganza, cecità industriale e incapacità politica di mettere alle strette una multinazionale che ha il segno positivo nel fatturato e nella crescita. Il Sud e Napoli pagano un prezzo molto alto, ancora una volta, senza politiche industriali e senza forza rappresentativa del mondo del lavoro.