
Dalle prime ore del giorno i Comandi Provinciali della Guardia di Finanza di Napoli, Roma, Catanzaro e Reggio Calabria, unitamente ai finanzieri dello Scico e ai Carabinieri del Ros, coordinati dalle rispettive Direzioni Distrettuali Antimafia e dalla Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, stanno dando esecuzione a provvedimenti cautelari a carico di una settantina di persone responsabili di associazione di tipo mafioso, riciclaggio e frode fiscale di prodotti petroliferi.
Contestualmente sono in corso sequestri di immobili, società e denaro contante per un valore di circa 1 miliardo di euro.
Coinvolti clan Moccia e Mazzarella
Antonio Moccia, Alberto Coppola e Anna Bettozzi risultano gravemente indiziati di aver stretto un accordo societario di fatto per la commissione di illeciti di cui hanno beneficiato praticamente tutti i soggetti coinvolti.
Il rapporto con Alberto Coppola è stato fondamentale per la Bettozzi in quanto l’uomo è subentrato nell’azienda in un momento di evidenti difficoltà economiche e gestionali dovute anche ai problemi di salute del marito Sergio Di Cesare. La Bettozzi, infatti, è risultata donna scaltra e molto ben inserita negli ambienti del potere imprenditoriale (e non solo) capitolino, e tuttavia non all’altezza di sostituire da sola il coniuge, petroliere di collaudata esperienza.
Il patto con Coppola e Muccia dunque, ha apportato agli affari comuni la competenza “specialistica” del Coppola e soprattutto le provviste finanziare e il sostegno del potere mafioso del Moccia, le une e l’altro non soltanto ben accetti ma anche ricercati dal mondo affaristico romano.
Come emerso dalle indagini napoletane, la rilevanza dell’incipiente business dei Moccia nel settore degli oli minerali. In questo settore infatti era diventato egemone proprio grazie ai prezzi super-competitivi ottenuti grazie alle frodi, provoca reazioni anche violente da parte di altri clan della camorra. Alberto Coppola subisce due attentati con esplosione di colpi di pistola, a seguito dei quali non esita a chiedere aiuto al suo referentee parente Antonio Moccia che si attiva. Ne consegue una pax mafiosa, imposta dai Moccia e suggellata con la cessione di una quota dell’impianto di carburanti al clan Mazzarella con la custodia cautelare in carcere per il “pirata” Salvatore D’Amico e il ras Francesco Mazzarella.