
La Napoli del coprifuoco, un anno dopo
( G. M. ) – I ragazzi stanno in auto per “ammacchiarsi”, anche in 4-5 nella stessa utilitaria. Qualche altro minore corre nel silenzio e nel buio per rientrare a casa. Sono passate le 23 e vige il coprifuoco a Napoli come nel resto del Paese ma sembra più un’ordinata resa a evitare orari notturni.
Sono i ragazzi, inevitabilmente, a violare la regola di stare casa anche stanchi dopo un anno di chiusure e didattica a distanza. Qualcuno sosta già al palazzo o va sul monopattino approfittando dell’assenza dei veicoli.
C’è chi porta il cane giù, la scusa sempreverde per godersi l’aria fresca di una notte d’aprile. Le strade sono vuote di auto e scooter, in tangenziale un po’ di più e sfrecciano su gallerie e tornanti come una pista da Gran Premio.
Nessun controllo, nessuna auto delle forze dell’ordine si incrocia scendendo lungo tutta la città, dalla collina alla periferia passando per il centro. Il coprifuoco è “autorganizzato” dalla disciplina di chi rispetta le regole. Eppure si evidenziano dei rischi per la sicurezza. Le strade vuote e silenziose, negozi e bar chiusi, sono un teatro giusto per rapine o reati di altro tipo. Le cronache ci hanno consegnato i casi dei rider derubati, accoltellati e dei due minori alla Sanità mentre molti ladri d’auto si aggirano indisturbati per i loro furti.
Coprifuoco e sicurezza, spesso, non coincidono. Soprattutto senza controlli. E viene da chiedersi: a questo punto che senso ha?