Era il noto narcotrafficante Raffaele Imperiale il capo di un’organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di stupefacenti sgominata questa mattina nel corso di un’operazione condotta dai militari del comando provinciale della guardia di finanza e della squadra mobile di Napoli, del Servizio centrale Investigazione Criminalità Organizzata e del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, che hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal gip del tribunale di Napoli, su richiesta della procura della Repubblica di Napoli – Direzione distrettuale Antimafia, a carico di ventotto persone, indagate anche per riciclaggio.
La rete di narcos, grazie alla guida di Imperiale, riusciva a importare cocaina dall’estero in Italia, nello specifico nella provincia di Napoli, base logistica dell’organizzazione. Era la Colombia il principale Paese di acquisto dello stupefacente, grazie alle relazioni intercorse con alcune formazioni paramilitari, tra cui il Clan del Golfo.
Il boss, noto a livello internazionale per aver rubato, vent’anni fa ad Amsterdam, due quadri di Van Gogh poi recuperati in Campania, si occupava in particolare del mercato Sudamericano: la droga veniva nascosta all’interno di container e raggiungeva via mare i principali scali marittimi commerciali europei grazie ad accordi, alleanze e joint ventures intrecciate, a partire da gennaio 2017, con narcotrafficanti Sudamericani ed europei di primissimo livello.
Criminali colombiani, ma anche irlandesi, olandesi e marocchini, componenti di gruppi criminali che controllavano il traffico di cocaina dal Sudamerica verso i i porti di Rotterdam (Paesi Bassi) e Anversa (Belgio). Giunto sulla terraferma, lo stupefacente veniva prelevato e trasportato su gomma da autotrasportatori compiacenti, per essere occultato all’interno di depositi, covi e nascondigli nella disponibilità dell’organizzazione situati in Campania, Calabria, Emilia-Romagna e Lazio. Il gruppo si occupava anche dell’esportazione della droga verso altri paesi, tra cui l’Australia.
Il boss dei due mondi
Imperiale, già condannato nell’ambito di un altro procedimento mentre era in stato di latitanza a Dubai, è stato “capace nel corso degli anni successivi – ricostruiscono gli investigatori – di assumere un ruolo assolutamente primario quale broker internazionale della droga”.
Un “player mondiale” che aveva in Bruno Carbone, altro broker napoletano del narcotraffico già condannato in via definitiva, il suo principale luogotenente. Carbone è stato arrestato ieri, dopo una lunga latitanza trascorsa in particolare negli Emirati Arabi. L’associazione per delinquere poteva contare anche su una fitta rete di sodali attivi in varie regioni italiane.
La consorteria criminale ha infatti intrattenuto stabili rapporti con clan camorristici di tutto il napoletano e con organizzazioni mafiose calabresi che, oltre ad approvvigionarsi di cocaina dal gruppo Imperiale, hanno fornito supporto nel recupero di ingenti partite di stupefacente in arrivo nel porto di Gioia Tauro, grazie ad operatori portuali infedeli.
Una parte dei referenti della rete era già stata arrestata a fine marzo 2021 in un’operazione congiunta della squadra mobile di Napoli e del Gico, con sequestro di ingenti quantitativi di cocaina, di hashish e di denaro. Gli appartenenti all’organizzazione erano in costante contatto tra loro grazie a sistemi di comunicazione crittografati (tra i quali Encro-Chat e Sky-Ecc), oggetto di indagine da parte di una squadra investigativa comune franco-olandese-belga e acquisiti attraverso una collaborazione internazionale con l’Agenzia Europol e con l’autorità giudiziaria francese ed olandese, coordinata da Eurojust.
Nel complesso gli investigatori hanno ricostruito – da marzo 2020 a marzo 2021 – movimentazioni di cocaina per oltre 7 tonnellate, di cui 1,3 sottoposte a sequestro in Italia e all’estero. L’organizzazione di Imperiale ha fatto ricorso, poi, a sistematiche condotte di riciclaggio e reimpiego dei proventi del narcotraffico, che sono stati in parte trasferiti all’estero (avvalendosi di sistemi di movimentazione monetaria alternativa, basata sull’opera di cambisti internazionali, cosiddetta Hawala) e, in parte, reinvestiti in attività speculative come la compravendita di oro.