
G. M. – Il Sanremo tanto atteso è arrivato. La prima serata aveva un grande obiettivo su cui mirare e puntare: Chiara Ferragni. Il suo ingresso, i suoi abiti, le sue parole non potevano non finire nel mirino del grande popolo italiota.
Perché poi, diciamolo: ma come si permette Chiara Ferragni? Come si permette di andare a condurre Sanremo e donare il cachet a Donne in rete contro la violenza: la rete che unisce i centri antiviolenza in Italia.
Non solo. Come si permette di uscire sul palco davanti a milioni di telespettatori con un abito che ha la scritta “pensati libera” e poi far salire su quello stesso palco, per la prima volta nella storia, le attiviste di Dire contro la violenza.
Come si permette Chiara Ferragni, lei ricca, di portare i diritti delle donne che hanno il copyright di logge e loggette di sinistra, partiti dallo zerovirgola per cento, femministe dure e pure con certi conti in banca, le Selvagge Lucarelli che guarda caso non abitano mai nelle case popolari ma in certi loft da 6mila euro al quadrato.
Come si permette di portare quel monologo parlando alla lei bambina, Chiaria Ferragni. Lei privilegiata e ricca, che ne sa della vita mentre in giro ci sono maestri che possono indicare la strada luminosa dei loro fallimenti.
Come si permette Chiara Ferragni di aver creato l’impresa di se stessa invece di essere la moglie di o l’amante di.
Come si permette Chiara Ferragni di essere bella, ricca e felice con la sua famiglia in una Repubblica fondata sul rancore dove milioni di persone ogni mattina si guardano allo specchio e vedono la loro condizione senza mai essere in grado di dare una risposta sociale collettiva ma digitare odio dietro un display.
Come si permette Chiara Ferragni? Il successo in Italia si paga caro.