NAPOLI, IL MOVIMENTO 7 NOVEMBRE RISPONDE A DE LUCA: “SIAMO DISOCCUPATI, NON SIAMO DEI VIOLENTI”

A Napoli continua la tensione tra i movimenti dei disoccupati e le istituzioni. Ed emerge anche un aut aut tra le stesse istituzioni sul dialogo con Movimento 7 Novembre e Cantiere 167.

“Apprendiamo da un articolo del giornale La Repubblica che, in occasione del Congresso del PD, il Presidente della Regione Campania avrebbe tuonato contro ‘movimenti di disoccupati’ definendoli ‘violenti’ e protagonisti di aggressioni e minacce”.

Inizia così una lunga nota del 7 Novembre che parla di mistificazioni ai danni dei disoccupati sottolineando che De Luca ” rivolgendosi direttamente al Sindaco di Napoli ricordando che dovrebbero essere riconosciute solo ‘altre platee’ e non quelle “nate da poco” (da poco?) banalizzando e minimizzando una storia di dignità ed emancipazione collettiva oltre che anni di passaggi di impegni istituzionali di tavoli, incontri, confronti”.

“Premettiamo – precisa il Movimento 7 Novembre – che vorremmo evitare di scrivere questo comunicato perché ci sembra evidente – essendosi rivolto al Sindaco di Napoli in maniera così decisa – che da tempo tra l’amministrazione comunale e la Regione Campania si respira uno scontro su più questioni. E già in passato è stato portato avanti il tentativo di strumentalizzare la nostra esperienza su un terreno che non è il nostro”.

Questo è un punto molto importante e delicato viste e tensioni delle ultime settimane con scontri e occupazioni davanti la sede del Municipio guidato da Gaetano Manfredi.

“Ai disoccupati e le disoccupate interessa solo che ci sia una risoluzione per migliorare le condizioni delle loro famiglie senza essere tirati in ballo su controversie tra partiti ed istituzioni. Sono le stesse istituzioni locali, prefettizie e ministeriali che – a seguito anche di diverse interlocuzioni con gli assessorati regionali – ci hanno comunicato ed indicato il percorso da intraprendere per poter garantire una formazione utile che valorizzasse i lavoratori inoccupati che partecipano al movimento dei disoccupati ai fini di un inserimento in progettualità di utilità sociale”, continua la nota.

“Dopo anni (ben 9) di un lungo confronto serrato – ricorda il 7 Novembre – in alcuni casi acceso come qualsiasi vertenza sindacale, tra movimenti ed istituzioni, si è individuato ed iniziato a praticare un percorso per la buona riuscita della vertenza che – come Movimento 7 Novembre – abbiamo sbloccato con un martirio di passaggi istituzionali: da Montecitorio fino al Comune di Napoli, dalle sedi nazionali dei partiti al Governo fino alle commissioni lavoro del Comune di Napoli dove abbiamo sempre acceso i riflettori sulla necessità di un piano straordinario per il lavoro utile alla collettività nei settori economici produttivi legati ai servizi di pubblica utilità”.

Una vertenza che poi ha visto anche l’unificazione delle istanze tra il movimento e quello del Cantiere 167 Scampia, “la cui storia di emancipazione nasce negli anni più complicati per Scampia, a ridosso delle due grandi faide di camorra che hanno dilaniato la storia del quartiere”.

“Un’unificazione voluta soprattutto da noi disoccupati per non fare la guerra tra poveri (come qualcuno forse voleva) ed evidente dimostrazione che chi organizza il movimento ha solo l’interesse di dare risposte concrete a chi si mobilita fuori da clientelismi e clientele. Una situazione che forse preoccupa chi invece ha sempre usato in questa città il lavoro come arma di ricatto per qualche campagna elettorale con liste pronte per l’occasione: dai partiti ai sindacati confederali tramite enti di formazione ed agenzie per il lavoro private”, aggiunge il Movimento 7 Novembre.

Ricordiamo che le stesse Istituzioni numerose volte hanno rinviato, rimandato fino a mettere in discussione gli stessi impegni assunti. Come settimana scorsa dove, dopo aver dato buca a numerosi incontri fissati, hanno improvvisamente messo in discussione il prosieguo del percorso già iniziato.

In questi momenti, e non in altre occasioni, ci sono stati gli episodi a cui – forse – fa riferimento il Presidente della Regione perché legittimamente i disoccupati e le disoccupate con l’unico strumento che hanno a disposizione – la mobilitazione – hanno provato a ricordare gli impegni assunti in sede istituzionale, ovvero la Prefettura, rappresentante del Governo in città. In diverse occasioni, la richiesta di lavoro con iniziative simboliche e mediatiche da parte dei disoccupati/e molto preoccupati ed anche giustamente nervosi delle conseguenze delle politiche del Governo di attacco ai salari e di taglio al reddito, ha avuto come risposta cariche della polizia come nell’ultima settimana. Una violenza contro i disoccupati che si sono dovuti difendere. Episodi che dimostrano come la politica istituzionale pensa che sia utile e necessario gestire la preoccupazione di chi non riesce a portare il piatto a tavola per le proprie famiglie (o se ci riesce lo fa rompendosi la schiena casomai 12 ore sopra un motorino senza contratto a fare le consegne per grandi multinazionali) deve essere affrontata come mero problema di ordine pubblico. Sono queste le minacce e le aggressioni a cui si fa riferimento? Non sarebbe meglio che tutte le rappresentanze politiche più che criminalizzare i disoccupati contribuiscano alla risoluzione del problema?”, si chiede il Movimento.

“Quello che possiamo sicuramente dire in maniera diretta è che il movimento dei disoccupati è uno strumento di emancipazione collettiva in una città che presenta le caratteristiche che abbiamo sinteticamente ricordato. Chiediamo a tutti di prendere posizione e riportare sui giusti binari questa vicenda. In assenza di altro, per quanto ci riguarda, non possiamo che continuare per la nostra strada di lotta proprio perché qui – da noi – non abbiamo altre strade. Da noi non ci sono criminali, faccendieri, professionisti della violenza che forse siedono in ben altre sedie da migliaia di euro al mese dalle quali è molto facile parlare di disoccupazione. Ci sono disoccupati e disoccupate, con una dignità, che vogliono liberarsi dal ricatto e conquistarsi un salario ed un lavoro dando il loro contributo alla collettività ed alla soddisfazione dei bisogni sociali per tutte e tutti”, conclude la nota.

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