“Il contesto criminale dell’area metropolitana di Napoli è caratterizzato da una ‘ipercompetitività’ tra clan cui corrisponde un frequente ricorso ad atti violenti, anche con l’uso delle armi, che suscita allarme sociale e molto spesso distrae l’attenzione dell’opinione pubblica dalla crescente capacità collusiva/corruttiva dei grandi cartelli cittadini che, sfruttando radicate tradizioni criminali e stretti vincoli fiduciari, infiltrano il locale tessuto economico e sociale”.
È quanto si legge nella relazione del ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia. Il documento spiega che “la camorra in Campania è costituita da clan storici connotati da una stretta appartenenza famigliare dei rispettivi componenti. Questi sodalizi hanno raggiunto nel tempo una posizione dominante all’interno del panorama criminale della Regione in grado di esercitare un’incisiva regolazione dei mercati illeciti, soprattutto in materia di stupefacenti, nonché il capillare controllo dell’economia legale tramite una partecipazione finanche diretta in aziende, imprese e attività commerciali, talvolta sino a occupare intere filiere produttive”.
“Permangono contestualmente formazioni minori, anche di tipo familistico, il cui principale fattore identitario è rappresentato dal territorio – spesso corrispondente a interi rioni e quartieri o talvolta a semplici palazzi – le quali ricorrono all’uso della violenza per risolvere contrapposizioni con altri clan del medesimo cartello o per sottrarre piazze di spaccio ai gruppi antagonisti”.