Giuseppe Manzo – Due piccole vite spezzate brutalmente in quel 3 luglio 1983: Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, di 7 e 10 anni, violentate, seviziate, uccise e bruciate nel rione Incis del quartiere Ponticelli di Napoli. Tre uomini sono stati condannati fino al terzo grado di giudizio e si sono sempre dichiarati innocenti: Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca, Luigi Schiavo all’epoca tra i 18 e i 20 anni.
Dopo 40 anni su Sky Documentaries arriva “Il delitto di Ponticelli: l’ombra del dubbio” per un caso che ancora oggi lascia perplessi e su cui aleggia l’ombra di un clamoroso errore giudiziario.
La vicenda
Dopo due mesi di indagini vengono arrestati Ciro, Giuseppe e Luigi. Il loro fermo arriva dopo alcuni giorni di interrogatori nella caserma Pastrengo e sottoposti a pestaggi e torture. Con loro viene fermato Carmine Mastrillo che prima nega ogni coinvolgimento dei tre ragazzi, poi cambia versione, ritratta e infine al processo conferma le accuse. La decisione sembra essere arrivata soprattutto dalla pressione dell’opinione pubblica e dai giornali che seguono il caso in cerca del “mostro” e del colpevole ma poco dettata dai fatti.
Il contesto
Sono anni bui. In quelle tre settimane avvengono fatti gravi. L’arresto di Enzo Tortora il 17 giugno per bocca di un pentito di camorra. Ed è proprio la camorra che avrebbe giocato un ruolo in questa vicenda. Un boss cutoliano, Mario Incarnato, è presente nella caserma Pastrengo durante l’interrogatorio a Mastrillo e sui giornali rivendica: “grazie a me avete trovato i colpevoli di Ponticelli”. Che ci faceva un boss della camorra in quella caserma? Siamo in anni scivolosi e fluidi, in alcuni casi molto inquietanti, sul rapporto tra apparti dello Stato e criminalità organizzata. Proprio Cutolo solo tre anni prima ebbe un ruolo nel sequestro Cirillo e anche nella morte del poliziotto Ammaturo. Nel carcere speciale dopo la condanna Ciro, Giuseppe e Luigi dichiarano che i boss reclusi li avrebbero assolti perchè “il fatto non sussiste” in una sorta di processo parallelo.
La magistratura
La lotta di Ciro, Giuseppe e Luigi anche dopo la condanna di terzo grado e della loro famiglia trova ascolto in alcuni personaggi importanti. Nella sua trasmissione “Giallo” Enzo Tortora, che sulla sua pelle aveva sperimentato cosa significa un “errore” dopo le parole di un pentito, riaccende i fari sul caso. A vedere quella trasmissione c’è il giudice Ferdinando Imposimato che da senatore mette in campo un team di investigatori per chiedere la revisione del processo: i detective scoprono clamorosi vuoti, contraddizioni ed elementi ignorati dalle carte del processo.
Dall’altra parte c’è il pm dell’accusa all’epoca dei fatti, Arcibaldo Miller, un magistrato che poco più di 20 anni dopo sarà coinvolto nella vicenda della P3 e reintegrato dal Csm solo nel 2012 dopo il suo ruolo di capo degli ispettori del Ministero di Grazia e Giustizia. Miller conferma la sua tesi ma non si oppone all’azione di Imposimato che vuole la revisione poi negata nel 1993.
Il ruolo dei giornali
Esce male la cronaca dell’epoca e in generale l’informazione di quegli anni. Alla ricerca del mostro si evidenzia una posizione supina verso la magistratura e i carabinieri, senza andare a fondo o provare a fare inchiesta in modo indipendente. Esce benissimo, invece, una cronista come Giuliana Covella che indaga e trova nuove testimonianze fino a individuare in un ambulante con precedenti per molestie e violenza. Covella agisce nel dubbio, vero e proprio motore del giornalismo prima di mettere un punto chiamato verità. Il dubbio deve valere anche per la magistratura e per sentenze con 3 gradi di giudizio, soprattutto se i fatti esprimono forti contraddizioni.
Ciro, Giuseppe e Luigi
Dal 2015 ono uomini liberi, dopo aver trascorso più di 27 anni di carcere insieme, nella stessa cella, professandosi ogni giorno innocenti. Ci hanno messo la faccia e ancora oggi lo fanno senza invocare l’oblio, anche nel nome di Nunzia e Barbara uccise barbaramente. Nell’estate 2022, dopo tre richieste di revisione respinte, la Commissione antimafia ha votato all’unanimità la proposta di indagare sulle infiltrazioni camorriste che avrebbero inquinato le indagini. Oggi i tre sono in attesa che una nuova Commissione proceda con l’audizione dei testimoni chiave e con la tanto sperata revisione del processo.