Antonio Giordano* – Una madre surrogata è una donna che ospita nel suo utero un embrione sviluppato attraverso tecniche di fecondazione in vitro o di impianto di embrione e ne favorisce lo sviluppo fino al parto, per “conto terzi”, cioè per conto di persone che, a causa di infertilità, sterilità, scelte personali o impedimenti fisiologici, psicologici o legati al genere di appartenenza, non possono avere figli.
In Italia, questa pratica è vietata dalla legge 40/2004, che all’art. 12 comma 6 recita “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione dei gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 ad un milione di euro”.
In Olanda, Sudafrica, Albania, Polonia, Russia, Ucraina e Grecia, invece, la gestazione per altri è consentita, sempre che la maternità surrogata sia una scelta “libera e autonoma” per donna, che sigla “l’accordo” con la coppia o la persona singola per cui si “impegna a portare a termine la gravidanza”, e che il percorso sia “a titolo gratuito” con un eventuale “rimborso delle spese” per necessità della gestazione.
In altri paesi come l’Armenia, l’Australia, la la Bielorussia, Georgia è prevista anche la gestazione per altri “verso il corrispettivo di una somma di denaro”. In Belgio, Israele, Paesi Bassi, Regno Unito, la maternità surrogata è ammessa “solo se gratuita”.
Negli Stati Uniti, non vi è una visione univoca ma ogni Stato si autodetermina: se in Arkansas, California, Florida, Illinois, Texas, Massachussetts, Vermont è ammessa sia la gestazione per altri “retribuita”, sia “non retribuita”, a New York, nel New Jersey, nel New Mexico, Nebraska, Virginia, Oregon e Washington è consentita solo la gestazione per altri in “forma gratuita”.
La materia è controversa e andrebbe affrontata quanto più “onestamente possibile”, al di là delle perplessità, delle implicazioni etico-giuridiche e psicologiche per la donna, il bambino e il futuro che ne consegue, considerando i rischi calcolati di una “malintesa” apertura alla “commercializzazione dei gameti”, come taluni dicono, tenendo presente i benefici o le implicazioni che possono scaturire da scelte “autonome e gratuite” della donna coinvolta a favore di coppie sterili o impossibilitate ad avere figli , coppie responsabili eterosessuali, come omosessuali, o persone singole, motivate e idonee alla crescita sana di un bambino nato da una maternità surrogata.
Al di là della discettazione meramente filosofica e tenendo a mente ciò che sono “le evidenze scientifiche” e le conseguenze di operare in tal senso, bisogna chiarire chi sia effettivamente “Madre”. La madre è la figura accudente per eccellenza, è il più grande Totem della nostra cultura, una figura di primo piano, imprescindibile e senza nulla togliere al ruolo della donna che porta in seno e partorisce il bambino, “una madre è una persona”, – oggi più che mai, possiamo affermarlo – “che abbia cura, aiuti a crescere, nutra di valori e diritti e parole di vita un altro essere”, anche laddove non vi sia un “legame biologico” con il bambino, anche quando si trovi, per scelta o necessità, ad occuparsi di un figlio da soli o in coppia, qualunque sia il genere e la composizione di essa, purché vi sia amore, sostegno, responsabilità, aderenza ad un progetto di vita che può evolvere nel bene o nel male, rimanendo sempre ancorati al “patto” di continuare ad essere una persona presente, affettuosa, accudente.
La problematica circa “la previsione di una somma di denaro” per una gestazione per altri è un confine etico che è difficile da valicare, sebbene accettato in alcuni Paesi.
Nel marzo 2021 la Corte Costituzionale ha ribadito il divieto penalmente sanzionato di ricorrere alla pratica della maternità surrogata poiché risponde ad una “tutela della dignità della donna” e mira ad evitare rischi di “sfruttamento” delle donne che si trovano in situazioni sociali ed economiche disagiate e siano, quindi “vulnerabili”, ma ha anche considerato il tema dell’interesse del minore nato da una “gestazione per altri” magari avvenuta nei paesi in cui è consentita, di “ottenere un riconoscimento” giuridico dei legami che nella realtà fattuale lo uniscono ai componenti della coppia che lo ha voluto e desiderato e cercato tramite maternità surrogata.
Al di là’ del dibattito politico dei nostri giorni quello che sembra evidente e’ l’evoluzione del “concetto di accudimento e di cura” che si libera di pregiudizi e dei limiti culturali, sociali, etici e politici a favore della civiltà e dei diritti umani e accoglie la prospettiva di un ampliamento del concetto di maternità, estendendola a chiunque ami e curi il nascituro.
*presidente Sbarro Institute di Filadelfia – professore Università di Siena, ha coordinato il gruppo programma ambiente e salute Pnrr per il Ministero della Sanità